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Cgil Lazio, allarme salari bassi, stipendi giù del 5% in 8 anni

È Allarme salari nel Lazio. Nel 2023 il 65% delle lavoratrici e dei lavoratori del territorio ha infatti percepito una retribuzione annua inferiore ai 25.000 euro, circa 1.400 euro di netto mensile. Con le retribuzioni reali che calano del 5% in 8 anni.

È quanto emerge dall’analisi dei dati Inps sui dipendenti del settore privato non agricolo (1,7 milioni di persone), esclusi, quindi, i dipendenti pubblici, i lavoratori agricoli, i lavoratori domestici, i collaboratori e gli autonomi, con e senza partita iva, presentati dalla Cgil di Roma e Lazio.

Lo studio rivela inoltre come dal 2008 “sia più che raddoppiato il numero di operai assunti con contratti a tempo determinato, passando da 143.172 a 294.301, una crescita del 106%”. Ad aumentare per gli operai è anche il ricorso a contratti part time, la cui incidenza – secondo il report – cresce di 10 punti percentuali”. E ancora: Il 44% degli operai nel 2023 non ha avuto una continuità occupazionale, così come il 28% degli impiegati. In tutto questo le retribuzioni medie, seppur vedano il loro valore nominale crescere, non reggono il passo dell’inflazione. A fronte di un aumento su base 2015 delle retribuzioni medie del 13% per gli operai e del 15% per gli impiegati, l’inflazione fa segnare una perdita del potere d’acquisto del 5% e del 4% Nel complesso le retribuzioni medie sono più alte in provincia di Roma con 25.294 euro, seguono la provincia di Frosinone con 20.333, Latina con 19.339, Rieti 18.480 e Viterbo 17.740.

“Questi numeri evidenziano che il mondo del lavoro sta soffrendo e la legge di bilancio del Governo Meloni peggiorerà la situazione – commenta Natale Di Cola, Segretario Generale della Cgil di Roma e Lazio – Per queste ragioni il 29 novembre saremo in piazza con uno sciopero generale con cui chiediamo di cambiare una manovra sbagliata”.

“Come stiamo chiedendo in queste settimane, anche la Regione Lazio e il Comune di Roma possono e devono fare la loro parte a sostegno del potere d’acquisto di lavoratori e pensionati. – prosegue Di Cola – Occorre, però, anche un diverso modello di sviluppo e d’impresa nel territorio. Senza un contrasto della precarietà e del part time involontario e senza la creazione di posti di lavoro in settori più qualificati il nostro territorio rischia di diventare un’area sempre più povera ed esausta”, aggiunge.