Il marchio “cacio romano” potrà avere una sua DOP. La Cassazione ha bocciato il ricorso dei produttori sardi
Una battaglia legale che ha visto protagonista il cacio romano e che si è conclusa con l’ordinanza della Cassazione, una diatriba che vedeva coinvolti i produttori di ovino sardo contro la “Formaggi Boccea”, azienda che usa il marchio “cacio romano” per i suoi prodotti. Grazie a questa sentenza il particolare formaggio laziale potrà avere una sua DOP. Dopo anni di battaglia il cacio romano potrà avere una sua DOP a vantaggio di oltre cinquemila allevatori del Lazio e più di 800 mila capi di ovini. Per la Cassazione, in sostanza, la Corte di Appello “ha ritenuto le parole “pecorino” e “cacio” il cuore dei rispettivi marchi, ritenendo, invece, verosimilmente il termine “romano” come una mera indicazione di provenienza e, come tale, non avente carattere distintivo. In altre parole si tratta di due formaggi differenti.
Prima di questa sentenza, il riconoscimento di “origine protetta” era attribuita ad un altro formaggio stagionato, il pecorino romano. Nonostante il nome, però, il 97% viene prodotto fuori dal Lazio, in larghissima parte in Sardegna, ma anche nella provincia di Grosseto. Da anni, i produttori caseari laziali stanno proponendo l’istituzione del “cacio romano” di origine protetta. Contrari all’iniziativa, i produttori del consorzio per la tutela del formaggio pecorino DOP, di stanza a Macomer, in provincia di Nuoro. Dopo la sentenza a favore dei produttori laziali arrivata dalla Corte d’Appello, ora la Cassazione sembra aver chiuso definitivamente la vicenda.