Cgia: “In Italia, in 10 anni, persi 325mila artigiani”

Dal 2012 il calo è del -17,4%, nel 2022 solo 1 milione e 5 ancora in attività.

Continua a diminuire il numero degli artigiani presenti in Italia, che dal 2012 sono scesi di quasi 325mila unità, circa il 17,4%. Sono questi i dati emersi dall’analisi dell’ufficio studi Cgia di Mestre( Venezia). Secondo gli ultimi dati resi disponibili dall’Inps, nel 2022 si contavano 1 milione 542mila 299 artigiani in attività.

I dati

Nell’ultimo decennio sono state Vercelli e Teramo le province che hanno registrato la variazione negativa più elevata d’Italia,  con una perdita del 27,2%, seguite dabLucca con il -27%, Rovigo con il -26,3% e Massa-Carrara con il -25,3%. Più contenute le perdite di Trieste con -3,2%, Napoli (-2,7%) e Bolzano (-2,3%).

In termini assoluti le province che hanno registrato le “perdite” più importanti sono state Bergamo con -8.441, Brescia (-8.735), Verona (-8.891), Roma (-8.988), Milano (-15.991) e, in particolar modo, Torino con -18.075 artigiani.  Per quanto riguarda le regioni, infine, le flessioni più marcate in termini percentuali hanno interessato il Piemonte con il -21,4%, le Marche con il -21,6% e l’Abruzzo con il -24,3%. In valore assoluto, invece, le perdite più significative hanno interessato l’Emilia Romagna (-37.172), il Veneto (-37.507), il Piemonte (-38.150) e, soprattutto, la Lombardia (-60.412 unità).

Le cause

La flessione sarebbe dovuta all’ aumento dell’età media, causato da un ricambio generazionale insufficiente, è nella concorrenza della grande distribuzione e del commercio elettronico. Da considerare anche  il rincaro  del costo degli affitti e delle tasse nazionali e locali. Inoltre, i consumatori hanno cambiato il modo di fare gli acquisti preferendo prodotti fatti in serie e consegne a domicilio e diminuendo la scelta di prodotti realizzati a mano.

Le attività che “resistono” come fotografi e tappezzieri (ad esempio) sono spesso a conduzione familiare. In controtendenza i  settori artigiani del benessere e dell’informatica: si continua a registrare un costante aumento degli acconciatori, degli estetisti e dei tatuatori, e sono in decisa espansione i sistemisti, gli addetti al web marketing, i video maker e gli esperti in social media.

Le considerazioni

“Purtroppo – commenta la Cgia – l’aumento di queste attività è insufficiente a compensare il numero delle chiusure presenti nell’artigianato storico. Possiamo affermare che non solo i giovani sono sempre meno interessati a lavorare in questo settore, ma anche chi ha esercitato la professione per tanti anni e non ha ancora raggiunto l’età anagrafica, o maturato gli anni di contribuzione per beneficiare della pensione, spesso preferisce chiudere la partite Iva e continuare a rimanere nel mercato del lavoro come dipendente che, rispetto ad un artigiano, ha sicuramente meno preoccupazioni e più sicurezze”.