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Operata per un tumore benigno, si risveglia tetraplegica

TERRACINA – Un’operazione che non doveva comportare rischi si è trasformata in un incubo per una donna di 36 anni di Terracina. Operata per un tumore benigno, un “neurinoma dell’acustico”, al risveglio dall’anestesia scopre di essere rimasta tetraplegica.

Moglie e madre di due figlie adolescenti: la giovane donna della provincia di Latina aveva scelto l’Azienda ospedaliera di Verona per farsi operare un tumore benigno. Doveva essere un intervento di routine: le avevano assicurato «zero rischi, nessuna possibile complicazione». Ora la donna è tetraplegica. Aveva solo 36 anni, due figlie da crescere e tanti sogni, quel maledetto giorno di agosto del 2017, in cui scelse di farsi operare a Verona per quel “neurinoma dell’acustico” delle dimensioni complessive di circa 16 millimetri per 12, collocato in corrispondenza della fossa cranica posteriore.

L’esito dell’operazione però, si è rivelato a due facce: da un lato, l’asportazione del neurinoma risultata perfettamente riuscita, dall’altro però “gli accertamenti evidenziavano immediatamente la presenza di una sofferenza endomidollare acuta, con importante edema” dovuta alla manovra di un medico specializzando con il risultato che ha condannato la donna ad un tragico destino, un risultato senza appello, di aver preso l’uso di braccia e gambe.

È quanto ha evidenziato la magistratura scaligera, a cui la giovane donna si è rivolta, disponendo a suo favore un maxi risarcimento. Un caso di malasanità che si sarebbe potuto evitare, ha sancito il giudice civile del Tribunale di Verona Luigi Pagliuca, che con la sentenza del 7 dicembre scorso, già impugnata dall’Azienda ospedaliera scaligera, ha disposto il risarcimento. Ma non basta, poiché il giudice, Marzio Bruno Guidorizzi, il 27 aprile ha disposto il processo per due medici. Si tratta del neurochirurgo incaricato di eseguire l’intervento, rinviato a giudizio per rispondere di lesioni colpose commesse nell’esercizio della professione sanitaria, e dell’anestesista, per il quale la Procura scaligera chiedeva l’archiviazione e verso cui è stata invece ordinata l’imputazione coatta.