Procuratore Latina, dopo morte Satnam Singh cresciute denunce
Sul tema del caporalato nell’agro Pontino, sono queste le parole del procuratore di Latina Giuseppe De Falco in audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati.
Il procuratore De Falco poi ammette “la non rispondenza dei procedimenti alla reale entità del fenomeno”. Questione data, secondo il procuratore, “da più fattori: in primis l’estrema ritrosia da parte dei lavoratori sfruttati a denunciare le situazioni in cui sono vittime. Si tratta in gran parte di lavoratori privi del permesso di soggiorno e che provengono per gran parte dall’Asia centrale: pakistani, indiani, del Bangladesh”, spiega il procuratore di Latina. Il caporalato nel settore dell’agricoltura però per il procuratore “è rilevante anche per i procedimenti relativi ai reati connessi all’ingresso irregolare in Italia di questi soggetti. Parlo – spiega De Falco – della necessità di far figurare contratti di lavoro e rapporti locativi fittizi, perché chi vuole munirsi del permesso di soggiorno deve dimostrare una situazione di regolarità: per questo abbiamo procedimenti che riguardano questo tipo di reati, come truffa, falso, sostituzione di persona”.
Sulla figura del caporale, spiega il procuratore, “non sempre è individuabile nell’ambito delle indagini: alcuni di loro continuano a prestare la loro attività anche durante lo svolgimento del lavoro, ci sono anche dei soggetti che sono invece di collegamento fra coloro che vengono dall’Asia, nella prospettiva di trovare lavoro, e le aziende” Uno dei segmenti delle indagini riguarda anche “tutte le attività illecite a monte del caporalato: come arrivo in Italia, come mi produco documenti falsi…Ci sono cittadini italiani che si trovano titolari, più o meno inconsapevolmente, di 10, 15 contratti di locazione”.
Il procuratore poi sottolinea un dato: “I lavoratori irregolari non hanno interesse né convenienza a denunciare (il caporalato, ndr) perché verrebbero allo scoperto. Quindi subiscono condizioni di sfruttamento, rispetto alla quale sono inermi. Anche i lavoratori con permesso di soggiorno, e regolarmente assunti possono versare in condizioni di sfruttamento, se non altro per l’adozione delle misure di sicurezza sul lavoro e sul rapporto di lavoro (retribuzione, straordinari, ferie etc): anche loro, trovandosi in situazione di inferiorità patologica rispetto al datore di lavoro, non hanno interesse a denunciare: subiscono delle condizioni lavorative non regolari pur di non perdere il rapporto di lavoro. A questo si aggiunge l’estrema difficoltà, per carenza di uomini e mezzi, di operare su vasta scala ispezioni di carattere amministrative che possano a scoprire situazioni che devono essere investigate. C’è questo dato importante sulla non corrispondenza del numero dei procedimenti penali iscritti alla effettiva entità del fenomeno”.
Sulla possibilità di dare un permesso di soggiorno ai lavoratori che denunciano, il procuratore è scettico: “Il permesso di soggiorno per motivi di giustizia, come quello concesso alla vedova di Satnam Soni, ha durata limitata nel tempo. Sicuramente è utile”.
Ma, conclude De Falco, “perché poi sia efficace sotto il profilo della tutela della persona che ne beneficia, deve essere accompagnato da iniziative che valgano a tutelarlo completamente: percorsi formativi e possibilità di impiego. Il solo permesso di soggiorno per motivi di giustizia non tutela la persona perché – una volta terminata la misura – questo nuovamente si ritrova ‘nudo’ sul territorio. Sarebbe necessario fare qualche cosa di impegnativo”.