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Due casi gravi di West Nile, allerta per contagi nascosti. In terapia intensiva 82enne di Latina

Dopo il decesso di una donna di 82 anni a Latina lo scorso 20 luglio, crescono i timori per i casi di febbre West Nile nel Lazio, e non solo. Oggi, sempre a Latina, un paziente con diagnosi già confermata per il virus è stato ricoverato in terapia intensiva e necessita al momento di supporto ventilatorio assistito, mentre in Veneto una persona di 67 anni è stata ricoverata a Padova per una forma grave dell’infezione.

Ma questi casi sintomatici, avvertono gli infettivologi, rappresentano solo la punta dell’iceberg. Molti di più sono infatti i casi ‘nascosti’, ovvero senza sintomi, che andrebbero comunque individuati per avere un quadro epidemiologico più preciso.

Secondo l’ultimo aggiornamento dell’Istituto superiore di sanità, nel 2025 i casi confermati ad oggi di West Nile in Italia sono 10: uno in Veneto, uno in Emilia Romagna, uno in Piemonte e sette in Lazio (inclusa la donna deceduta ed il paziente attualmente in condizioni gravi in terapia intensiva). A questi si aggiunge l’ulteriore caso segnalato oggi in Veneto.

Si tratta di una persona di 67 anni residente a Cavarzere (Venezia) e affetta anche da altre patologie croniche.

E’ ricoverata a Padova per le complicanze dovute alla malattia virale che ha sviluppato nella forma più grave neuroinvasiva, che comporta cioè sintomi neurologici come febbre alta, mal di testa fino a encefalite o paralisi.

Dopo questo contagio, sono state rafforzate le misure di disinfestazione sul territorio.

La Asl di Latina, invece, ha istituito una task force con tutti gli specialisti coinvolti nel percorso di gestione, prevenzione e sorveglianza del virus.

L’obiettivo è assicurare un’azione coordinata e continuativa su tutto il territorio. Nell’ambito delle attività coordinate dalla Regione Lazio, con il supporto dell’Istituto per le malattie infettive Spallanzani, organizzato un incontro formativo rivolto a tutti i professionisti sanitari della Provincia, personale operante nei pronto soccorso, medici di medicina generale e pediatri, finalizzato al rafforzamento della rete di sorveglianza clinica e all’aggiornamento sulle modalità di gestione dei casi. Intanto, è allerta per i contagi ‘nascosti’.

La febbre da West Nile è “una patologia da non sottovalutare. Il problema è che i casi noti sono comunque una minoranza rispetto ai casi ‘sommersi’ che sono sicuramente rilevabili nei territori colpiti. L’infezione, infatti, decorre con un rapporto di un caso sintomatico ogni 5-10 casi asintomatici”, spiega all’ANSA Massimo Andreoni, infettivologo e direttore scientifico della Società di malattie infettive e tropicali.

Ciò vuol dire, rileva, che “per avere una stima precisa di quanto l’infezione sta circolando, dovremmo testare nelle aree interessate anche i soggetti apparentemente sani, per capire quante persone sono realmente contagiate”.

Secondo Andreoni, “presumibilmente la platea di infetti asintomatici è maggiore di quanto si pensi e si ci sono tanti infetti questo significa che c’è una grande circolazione di zanzare trasmettitrici, nella maggioranza dei casi infettatesi da uccelli o equidi malati. Più raro è infatti il caso in cui la zanzara contrae il virus dall’uomo e lo trasmette ad altro uomo”.

Ovviamente, più persone infette ci sono, avverte, “più aumenta anche la percentuale di casi gravi che si possono verificare sul totale e che dovremmo aspettarci nei prossimi giorni, considerando che il periodo di incubazione della malattia è di 7-10 giorni”.

Dunque, “riuscire a conoscere il numero reale di soggetti infetti sul territorio consente, di delineare un quadro epidemiologico più chiaro e ci permetterebbe di fare una previsione in termini di numerosità dei casi più gravi che potremmo attenderci a breve termine”. Al momento, conclude l’infettivologo, “la misura più urgente è quella della disinfestazione delle aree interessate, per debellare le zanzare portatrici del virus, ma bisogna vedere come l’infezione procederà per valutare quali provvedimenti prendere: se solo finalizzati alla disinfestazione oppure se mirati anche ad accertamenti epidemiologici più accurati sull’uomo”.