Morta nel crollo del locale a Terracina, un perito stabilirà le cause
Perché lunedì sera il soffitto del ristorante ‘Essenza’ di Terracina è crollato, portandosi via la vita di una ragazza di 31 anni? Cosa è successo prima di quegli “interminabili minuti” in cui il titolare del locale ha scavato con le sue mani tra le macerie, tra le urla e i feriti? E infine: nel dramma hanno avuto un ruolo i lavori di ristrutturazione del ristorante? Sono le domande che a due giorni dal crollo si pone la procura di Latina. Il pm Giuseppe Miliano, che coordina le indagini, nominerà a breve un perito che avrà il compito di accertare le cause del cedimento che ha ucciso la giovane sommelier Mara Severin e ferito diversi clienti. Dal momento del crollo il locale è stato messo sotto sequestro e in procura è stato aperto un fascicolo con le ipotesi di reato di omicidio colposo e lesioni gravi. Al momento è contro ignoti, ma le perizie disposte dalla procura serviranno proprio a fare chiarezza.
Le verifiche, a quanto si è appreso, si concentreranno appunto sui lavori al ristorante, che vanta una stella Michelin ed è molto famoso sul litorale laziale, e quindi sulla ristrutturazione ma anche la recentissima – gennaio scorso -, manutenzione.
Le testimonianze riportano un elemento che ricorre: il collasso del soffitto che ha ucciso Severin è stato preceduto da alcuni forti rumori. Lo ha confermato oggi a Repubblica Simone Nardoni, lo chef e titolare di ‘Essenza’: “Ero uscito dalla cucina poco prima, stavo fuori nel dehors a parlare con alcuni clienti – ha raccontato – quando è arrivata mia moglie. ‘Vieni un attimo dentro’, mi ha detto, ‘ci sono strani rumori’. Non ha neanche finito di parlare che improvvisamente si sono spente tutte le luci e si è sentito un boato provenire dall’interno”.
Da quel momento in poi le urla, il fuggi fuggi dei clienti. Mara aveva pensato subito a loro: “Prima di mettersi in salvo lei ha pensato a fare uscire i clienti che stavano dentro. Fosse scappata subito probabilmente ora sarebbe ancora viva”. Ed era viva quando è stata estratta dalle macerie: “Io stavo in ginocchio a scavare con le mani – ricorda ancora lo chef – volevano portarmi via perché non era sicuro, ma Mara non rispondeva e non mi sarei mai messo in salvo senza di lei. Sono stati 15-20 minuti interminabili, poi l’hanno trovata e mi si è riaccesa la speranza”. Durata troppo poco: “Al pronto soccorso i medici hanno lottato un’ora e mezza per salvarla, hanno provato di tutto. Quando non c’è stato più niente da fare, piangevano tutti disperati. E io con loro”. Oggi sarà affidato a un medico legale il compito di effettuare l’autopsia sulla salma, prima che quest’ultima venga restituita ai familiari per celebrare i funerali. Ai quali non mancheranno gli amici e i colleghi di un lavoro che la ragazza amava profondamente: “La cantina era il suo regno – racconta ancora chef Nardoni, che era anche cugino della giovane -. Era diventata una straordinaria sommelier quasi per caso. Finiti gli studi voleva cominciare a lavorare e così ha iniziato con me. Si è appassionata di vino, ha studiato, è diventata sommelier, gestiva una cantina di 900 etichette e il bistrot accanto al ristorante. Mara era innamorata del suo lavoro – conclude – Era la sua vita”.



