Sfruttavano i braccianti bengalesi, a processo altri 18 imprenditori oltre ai Lovato responsabili della morte di Satnam

LATINA – Sfruttavano braccianti di nazionalità bengalese approfittando del loro stato di bisogno, facendoli lavorare in nero, pagandoli pochissimo e sottraendo dal loro stipendio il denaro per il trasporto nei campi (6 euro al giorno), per l’affitto di un appartamento (100 euro al mese per dormine in 6 in due stanze) e un altro euro al giorno per il caporale. Accuse pesanti delle quali devono rispondere 18 persone tra imprenditori e caporali sia italiani che stranieri al loro servizio che reclutavano la manodopera, la portavano nei campi e la sorvegliavano. Sul banco degli imputati ci sono 18 persone accusate di avere sfruttato braccianti bengalesi. Tra loro anche il caporale indagato con Renzo Lovato

Ieri nell’udienza davanti al terzo collegio penale del Tribunale di Latina presieduto da Mario La Rosa è stato ascoltato uno dei lavoratori vittime del sistema, uno dei 66 che complessivamente risultano parti offese in questo procedimento, risultato di un’indagine coordinata dal sostituto procuratore Marco Giancristofaro portata a termine nella primavera del 2019 tra Sabaudia, San Felice Circeo, Terracina e Monte San Biagio. Sul banco degli imputati ci sono Maria Lettieri, Pierpaolo Di Palma, Giovanni Di Palma, Umberto Cerilli, Giuliano Cortese, Claudio Cortese, Giancarlo Cortese accusati di avere utilizzato “sui terreni nella loro disponibilità… cittadini bengalesi anche richiedenti asilo politico sottoponendoli a condizioni di sfruttamento rappresentate da “reiterata corresponsione in maniera palesemente difforme dai contratti di lavoro; mancato pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali”. E poi ancora Miah Masum, Islam Kazi Nazrul, Talukdar Sohag, Khan Habib, Miah Hanifa, i caporali destinati al controllo nei campi insieme a Paul Uttam, colui che risulta indagato nell’inchiesta che ha coinvolto nel 2019 Renzo Lovato, padre di Antonello indagato per l’omicidio colposo di Satnam Singh. E ancora Franco Mandatori, Giuseppe Guastafierro e Cesare Maggi che avevano il compito di condurre i braccianti, tutti originari del Bangladesh, nei campi. 

Secondo l’accusa imprenditori e caporali avrebbero sottoposto i lavoratori “a condizioni di sfruttamento rappresentate da reiterata corresponsione in maniera palesemente difforme dai contratti di lavoro; mancato pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali. E avrebbero approfittato dello stato di bisogno dei lavoratori stranieri alcuni dei quali richiedenti asilo politico, costretti a sottostare alle loro condizioni per poter sostenere la propria famiglia e inviare parte delle retribuzioni ricevute all’estero obbligandoli a sottoscrivere le buste paga sulle quali era indicato un numero di giorni lavorativi inferiore a quelli effettivi con la reiterata violazione relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo settimanale nonché delle norme in materia di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro”. I braccianti erano costretti anche a corrispondere 6 euro al giorno per il trasporto giornaliero sui campi che avveniva con un furgone all’interno del quale viaggiavano stipati in venti, un euro per il pagamento del caporale e 100 euro mensili per alloggiare in un’abitazione dove in due stanze dormivano in sei o sette persone.