Si continua ad indagare sull’incendio al porto di San Felice Circeo, che ha distrutto ed affondato tre grossi yacht
SAN FELICE CIRCEO – E’ ancora mistero fitto a San Felice Circeo, sull’incendio che, sabato sera, ha distrutto i tre yacht nel porto della cittadina pontina. Una vicenda che ha sconcertato la cittadinanza, per fortuna non abituata a vedere distrutte tre grosse e costose imbarcazioni, su cui stanno indagando su più fronti le forze dell’ordine. Incenerite e colate a picco sono state una Admiral 22, un Leopard 21 e un Technema 70.
Chi o cosa possa aver innescato l’incendio resta ancora un mistero dato che gli investigatori non escludono nessuna pista: sicuramente sabato il litorale pontino è stato investito da vento forte e mare mosso; quanto sia a questo aspetto riconducibile l’innesco è difficile dirlo; certamente il maltempo, però, non ha facilitato le operazioni di spegnimento. Pronta l’attività di soccorso, con la creazione di un’area di sicurezza attorno alle imbarcazioni incendiate, ottenuta spostando le altre barche al fine di evitare che l’incendio si propagasse ulteriormente. Mobilitati anche Polizia Locale e carabinieri. Sul fronte delle indagini secondo i vigili del fuoco, le ipotesi più probabili per spiegare il rogo potrebbero essere due: le fiamme potrebbero essere state innescate da un corto circuito o, in alternativa, l’origine potrebbe essere dolosa.
L’ipotesi dolosa sembra comunque, al momento, quella più accreditata rispetto a quella dell’evento accidentale, causato forse da cattivi comportamenti, un impianto elettrico lasciato in funzione. Tutto è ancora da chiarire e non viene escluso nulla. Restano gli ingenti i danni quantificati in milioni di euro.
Esistono fattori di cui occorre tener conto, rappresentato dai rischi ambientali provocati dall’incendio e il conseguente affondamento delle imbarcazioni. Nei serbatoi delle tre imbarcazioni, sembra ci fossero almeno 5000 litri di gasolio tamponati con barriere di contenimento per evitare la dispersione degli inquinanti che si raccolgono in superficie. Ci vorranno giorni per svolgere un sopralluogo subacqueo in sicurezza. Il vento che spirava forte verso Terracina ha contribuito invece a dissolvere in poche ore la nube tossica che si è sviluppata nell’area, certamente carica di diossina, frutto della combustione della vetroresina degli scafi, degli arredi e delle attrezzature di bordo anche elettroniche.